Chi siamo

Maria De Mattias nasce a Vallecorsa, un paesino del Basso Lazio, il 4 febbraio 1805 da Giovanni e Ottavia De Angelis, una delle famiglie più illustri del paese. Vallecorsa si colloca vicino alla linea di confine tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli. I suoi abitanti si guadagnavano da vivere come contadini, pastori o artigiani… una vita precaria e difficile, spesso associata alla violenza, infatti il piccolo paesino era la capitale dei «briganti», uomini che erano stati indotti alla latitanza rifugiandosi sui monti e vivendo fuori dalla legalità, alimentando così il degrado sociale e morale. A motivo di ciò Giovanni non poteva fare a meno di tenere le sue donne, moglie e figlie, come delle recluse, sempre in casa, guardate a vista. Quindi Maria cresceva in una specie di prigione, circondata dalla violenza che si respirava nell’aria. Di fronte a tanto male emergono nel cuore della piccola Maria delle domande profondamente esistenziali: Da dove ha origine il male? Perché gli uomini sono portati a farsi male a vicenda? Perché Dio permette tutto questo?

 

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Aiutata dal padre trovava le risposte in quel Dio che aveva donato tutto il suo Sangue perché regnasse l’amore tra le persone, Gesù Agnello Immolato e il suo Sangue espressione mirabile dell’amore divennero la sua consolazione. Già piccolissima era stata iniziata all’essenza del Cristianesimo: l’amore che si fa dono gratuito e fedele. …un’adolescenza molto turbolenta, il risveglio dei sensi, l’apertura al bello e l’emergere della sua femminilità da un lato la affascinavano e dall’altro la spaventavano. Iniziò come tutte le ragazze del suo tempo a passare ore ed ore davanti allo specchio ad aggiustarsi i lunghi capelli nelle diverse possibili acconciature, a godere della buona compagnia durante i festini familiari… tutto questo iniziò a non bastarle più. Era alla ricerca di un senso da dare alla vita, e questa ricerca di senso era accompagnata da dubbi, perplessità, insoddisfazioni. Nello stesso periodo imparò a leggere e a scrivere da autodidatta… le ragazze allora non avevano diritto all’istruzione . Nel frattempo arriva a Vallecorsa un Missionario del Preziosissimo Sangue, il canonico Don Gaspare del Bufalo, famosissimo per la capacità che ebbe di convertire i briganti… Era la quaresima del 1822, accorse alle sue prediche anche MDM che rimase affascinata dal modo di parlare di Dio… Un aspetto della predicazione di Gaspare l’aveva conquistata: la spiritualità del Sangue di Cristo. La convinceva dell’urgenza di impegnarsi senza risparmio perché tutta l’umanità potesse godere dei benefici della redenzione. Erano passati due anni dalla missione del ‘22… a marzo del ‘24 arriva a Vallecorsa don Giovanni Merlini, missionario del Prez.mo Sangue, il quale le aprirà nuovi orizzonti: la fondazione del ramo femminile del Prez.mo Sangue a cui affidare la formazione cristiana delle donne dall’infanzia all’età adulta, nella prospettiva di una ricaduta positiva sulla società.

 

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Maria non era più la stessa, girava per Vallecorsa riunendo le ragazze, organizzava incontri… La sua camera che era stata simbolo del suo isolamento diventò il primo luogo del suo apostolato, la sua prima scuola. È il 1 marzo 1834, nell’aria si coglie un preannuncio di primavera… Maria dopo aver incontrato l’ordinario del luogo, Mons. Giuseppe Maria Lais, si dirige a dorso di mulo, ad Acuto, dove andrà non solo per fare scuola ma per fondare un Istituto «sotto il titolo del Prez.mo Sangue».  Il 4 marzo 1834 Maria apre la scuola e inizia l’opera di Dio – scrive il Merlini – e aggiunge che quello fu il «dies natalis dell’Istituto delle Adoratrici del Divin Sangue». …problemi, incomprensioni e difficoltà, disagi e sacrifici, delusioni, critiche, calunnie, tradimenti non mancano a Maria e all’Istituto nascente, Maria affronta tutto con coraggio e determinazione, le Adoratrici invitate dovunque a prendere in mano l’istruzione femminile condividevano con entusiasmo pionieristico la missione educativa e apostolica consapevoli di servire la chiesa e la società a cominciare dalle fasce più deboli, le donne, i poveri e le persone senza istruzione. Il mistero della sofferenza redentrice di Gesù è sempre oggetto delle sue riflessioni, la sua difesa è «l’Amore Crocifisso» come dice nelle sue lettere e unico suo desiderio è «dargli gusto». In Maria il Sangue di Gesù era allo stesso tempo oggetto di meditazione orante e stimolo all’apostolato, sostanza della predicazione, sorgente di amore e di servizio. La chiamata ad essere tutta di Dio la portò ad essere tutta del “Caro prossimo”, così continua a scrivere: “Sentii ancora dirmi, che le grazie a me concesse, non erano per me sola, ma per aiuto di altre anime.”  Ma chi erano gli altri per Maria? Non solo le ragazze, le povere fanciulle a cui le adoratrici dedicavano la maggior parte del lavoro, ma anche le sue stesse compagne che amava come figlie con tenerezza e sollecitudine, piena di premure e delicatezze. Il mistero della sofferenza redentrice di Gesù è sempre oggetto delle sue riflessioni, la sua difesa è «l’Amore Crocifisso» come dice nelle sue lettere e unico suo desiderio è «dargli gusto». In Maria il Sangue di Gesù era allo stesso tempo oggetto di meditazione orante e stimolo all’apostolato, sostanza della predicazione, sorgente di amore e di servizio.

La chiamata ad essere tutta di Dio la portò ad essere tutta del “Caro prossimo”, così continua a scrivere: “Sentii ancora dirmi, che le grazie a me concesse, non erano per me sola, ma per aiuto di altre anime.”

Maria voleva aprire di persona le comunità sia per accertarsi della sicurezza delle discepole sia per instradarle nei primi giorni a «non fare scuola soltanto». Ma il continuo viaggiare, l’appassionata dedizione alle anime, se da una parte entusiasmava, dall’altra offriva il fianco alla critica.

 

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Tutto cominciò con la principessa Zenaide Wolkonsky. Merlini pensava che se Maria voleva consolidare l’istituto doveva portarlo anche a Roma, nella capitale del mondo cattolico. Per fare questo ci volevano i mezzi, ci voleva un benefattore e qui entra in gioco la Wolkonsky, la quale si entusiasmò per Maria e per quello che facevano le adoratrici e aprì a proprie spese la prima scuola a Roma. Qui però faceva lei un po’ la superiora, diceva alle maestre quello che dovevano fare, si opponeva ai trasferimenti delle maestre decisi dalla Fondatrice e tutto questo faceva sentire a Maria tutto il peso di quella invadenza così oppressiva, certe volte soffocante. Inoltre, l’approdo a Roma indispettì Mons. Pier Paolo Trucchi perché lo costrinse a prendere atto di una realtà: la casa a Roma, aperta con l’intento di ottenere il riconoscimento papale, faceva sfuggire l’istituto dalla giurisdizione diocesana di Anagni . Dopo la proclamazione del Regno d’Italia, tutti gli ordini religiosi, ma specie quelli che si occupavano di educazione e cultura cominciarono a stare in apprensione per il futuro. Fu così anche per Maria, per Merlini, per le Adoratrici. Si temeva che Vittorio Emanuele ordinasse la soppressione delle scuole e degli istituti gestiti dai religiosi. Maria non demorde, sente con lucidità che non è l’ora della rinuncia, bensì l’ora dell’ottimismo e del coraggio, dell’intelligenza e della tenacia: bisogna sperare in Dio e nello stesso tempo si deve accettare di rimettersi in discussione, di riqualificarsi, così convinse le Adoratrici a frequentare corsi statali e a diventare maestre patentate. Questo non rappresentò solo la sopravvivenza, ma portò anche ad un salto di qualità nella loro formazione umana e spirituale, a una maturazione come donne e come cristiane.

La Wolkonsky muore nel ‘62

…il suo agire, agli occhi delle Adoratrici avevano messo in ombra la superiora, avevano indebolito la sua autorità, il suo ascendente su di lei. Le umiliazioni e le sofferenze Maria non le custodiva solo nell’anima facendo trionfare il bene sul male, l’amore sull’odio, se le prendeva soprattutto uscendo allo scoperto, donandosi alla gente ridiventando educatrice, apostola, la donna della parola.

Grazie a quel deserto Maria aveva assaporato la bellezza della terra promessa.

È il 20 agosto 1866 e Maria conclude la sua vita terrena

Nel discorso funebre Merlini dirà: «Maria era un misto che innamora e incanta». «Perdonami, perdonaci tutti se abbiamo preteso tanto da te… non hai pensato mai a te stessa… qualche volta ci ho provato a dirti di risparmiarti, ma tu eri fatta così… adesso i tuoi occhi non piangono più, adesso sorridi e non lo fai solo perché ami, perché sei contenta di sacrificarti, di soffrire in Dio, ma perché sei felice, felice e basta. E lo sarai per sempre»

Lei, con sguardo profetico, ha tracciato per le sue figlie la lunghezza del cammino nella storia, al di là delle difficoltà, delle povertà.

Sulle sue tracce, le Adoratrici, vogliono camminare, impegnate onestamente a non tradire il suo testamento, perché questa è la loro identità, ma anche l’identità di ogni cristiano: servire l’uomo per solo amore di Dio.